Roma, 16 febbraio 2010 – Un’informazione incompleta e parziale che non aiuta certo a fare chiarezza, ma semmai aumenta la volontà di confusione. Questa in sintesi la puntata del programma “Presadiretta” andata in onda domenica 14 febbraio su RaiTre in prima serata.
Una denuncia sicuramente significativa – quella dell’inchiesta “Scuola fallita”- dei mali che affliggono la scuola statale italiana, da strutture inadeguate, in qualche caso fatiscenti, a personale mal pagato e costretto a trasferirsi da un capo all’altro della penisola per non perdere posto, ad un corpo docente insufficiente per gli alunni diversamente abili. Ma l’avere, di fatto, insinuato che la responsabilità di questo stato di cose sia dovuta alle scuole paritarie, dove tutto pare funzionare al meglio, è destituito di ogni fondamento. Eppure le questioni sono note!
In primo luogo la scuola paritaria, soprattutto la scuola dell’infanzia – della quale, peraltro, non si fa cenno nella trasmissione – svolge un servizio pubblico necessario alla società oltre che alle famiglie (oltre un terzo dei bambini italiani può frequentare la scuola dell’infanzia grazie alle scuole aderenti alla Fism).
In secondo luogo nella trasmissione si è taciuto che, tranne che per le scuole dell’’infanzia e primarie paritarie, lo Stato eroga poco o niente. Più precisamente, anche per la scuola dell’infanzia il contributo statale è davvero del tutto inadeguato, minimo, identico dall’anno 2000. Un bambino che frequenta la scuola dell’infanzia statale costa allo Stato 6.116 .euro all’anno contro i 584 euro per un bambino frequentante una scuola dell’infanzia paritaria. Se lo Stato volesse sostituire le scuole dell’infanzia non statali, dovrebbe spendere poco meno di 4 miliardi di euro all’anno, ogni anno, soltanto per la spesa corrente. Dunque. la presenza della scuola dell’infanzia paritaria, semmai, oggi libera ingenti risorse a favore dello Stato italiano, non il contrario!
In terzo luogo i buoni scuola, peraltro previsti solo da alcune Regioni, sono rivolti alle famiglie, in base alle condizioni economiche delle medesime e non alle scuole paritarie. Nel caso delle scuole statali, la frequenza – va ricordato – è gratuita e, quindi, la spesa ricade su tutti cittadini.
In quarto luogo, le scuole paritarie, essendo il sistema nazionale italiano di istruzione, costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie, con apposita legge, sono equiparate a quelle statali con tutti gli obblighi ed i doveri che ne derivano. Contrariamente a quanto affermato nel servizio televisivo, esse hanno l’obbligo, come le statali, di accogliere bambini diversamente abili, come di fatto fanno, con una differenza sostanziale: nelle scuole statali il personale di sostegno è a carico dello Stato; per le non statali si va da un contributo assolutamente insufficiente a nulla per le scuole secondarie di primo e secondo grado.
La qualità di una scuola, come dimostrato nel servizio relativo ad un liceo statale di Massa Carrara, al quale peraltro si potrebbero affiancare tante altre esperienze di scuole paritarie, non è garantita da una cultura di business o dalla mera concorrenza nelle prestazioni educative, ma attraverso un servizio ai ragazzi ed alle loro famiglie, supportato da una professionalità indiscussa ed indiscutibile. La qualità, peraltro, costa, come anche dimostra l’esperienza delle scuole dell’infanzia paritarie definite da alcuni “più belle del mondo”, quelle del Comune di Reggio Emilia. Se ne dovrebbe auspicare la fine per finanziare scuole dell’infanzia statali?
In realtà, ciò che serve è la consapevolezza che occorrono, oggettivamente, più risorse per tutte le scuole, statali e paritarie, ovviamente evitando che possano esservi sprechi. A maggior ragione in una condizione di difficoltà socio-economica, come quella attuale nel nostro Paese, vanno decise le priorità per il presente e per il futuro: può non esservi un adeguato investimento sulle “risorse umane”?