La Corte Costituzionale con la sentenza n. 38 del 13.2.2009 ha, per la terza volta, respinto la richiesta avanzata dal T.A.R. di Bologna di considerare la Legge Regionale n. 52/1995 contrastante con la Costituzione.
La Legge n. 52/1995 è abrogata da tempo, così come rispetto all’epoca dell’introduzione del giudizio con il ricorso avverso la Delibera del Consiglio Regionale dell’Emilia Romagna, applicativa della Legge, è cambiata anche la Costituzione.
La Legge n. 52/1995 e la Delibera fissavano i criteri per l’assegnazione dei contributi ai Comuni per l’attivazione di convenzioni per il sostegno delle scuole dell’infanzia, che allora si chiamavano private e che oggi, per effetto, della Legge n. 62/2000, anch’essa intervenuta successivamente si chiamano paritarie.
Perchè questo accanimento?
I promotori del giudizio, nel loro comunicato emesso nel 2008 dopo l’ordinanza del TAR, dal titolo forse eccessivamente ottimista “avevamo ragione noi” avevano scritto: la Legge n. 52 si può ben considerare la madre di tutte le Leggi Regionali e Nazionali di parità. Essa fu approvata nel 1995 sotto la Presidenza Bersani: a questa seguirono la Legge Rivola del 1999 e quelle di altre Regioni. Nel 2000 fu il riferimento della Legge 62 approvata dal Governo D’Alema, con Ministro Berlinguer. L’insieme di questi provvedimenti ha creato una situazione per cui le scuole private a partire da quelle per l’infanzia, ricevono finanziamenti da tre canali: nazionale, regionale e comunale.
E’ dunque importante che la Corte Costituzionale, per la terza volta, ha respinto l’assalto a questa Legge: se fosse avvenuto altrimenti i promotori del giudizio ne avrebbero tratto motivo per riportare indietro l’orologio.
E’ inutile rilevare che il cambiamento del quadro normativo, seguito alla Legge n. 52/1995, non è dovuto alla decisione di un personaggio potente o ad accordi segreti, ma alle delibere di migliaia di Consigli Comunali ed alle leggi di tutte le Regioni ed a leggi approvate dal Parlamento.
Tutti matti? Tutti nemici della Costituzione?
Oppure tutto questo movimento mostra l’applicazione concreta del principio fondamentale della laicità, che preme ai cittadini laici e non, individuando le condizioni in grado di sostenere un servizio pubblico reso da soggetti non pubblici, alla società italiana ed in particolare ai bambini ed alle loro famiglie.
G.T.